A cura di Ida Gianelli
Dagli anni Sessanta, grazie ad artisti come Rauschenberg o Warhol, la fotografia entra prepotentemente a far parte del mondo artistico, prima come strumento finalizzato alla produzione artistica in seguito come pura rappresentazione del reale fino a stabilire un interscambio, che porta negli anni Settanta e Ottanta al dissolvimento dei reciproci confini. La generazione artistica contemporanea, adotta la fotografia come rappresentazione di fatti visivi non più basata su emozioni o sulla partecipazione espressiva dell’artista, ma come registrazione di dati sul reale, tendendo alla cristallizzazione dell’immagine, seguendo in questo un’attitudine che può essere definita “medusiaca”. I lavori presentati, provengono da alcuni tra i più significativi esponenti di questo tipo di ricerca: facendo ricorso a una tecnica fotografica impersonale e inespressiva, artisti come Jeff Wall, Andres Serrano, Thomas Struth e Thomas Ruff, lavorano sul distacco e la distanza, rivolgendo lo sguardo all’identità del singolo e alle diversità culturali, cristallizzando con la perfezione fotografica le dinamiche dei fenomeni sociali. Sempre di pietrificazione si può parlare in riferimento alle storie e ai paesaggi impressi nelle immagini di Andreas Gursky, Jean-Marc Bustamante, Günther Förg, Clegg & Guttmann e Fischli/Weiss, dove lo scarto tra oggettività
dell’immagine riprodotta e potenziale infinito del mondo esterno rappresentato, diviene indice di sgomento e perdizione. Laurie Simmons preferisce invece lavorare sul racconto e sulla letterarietà delle immagini fornendoci informazioni sul comportamento umano attraverso la rappresentazione quasi caricaturale di bambole e marionette.
Chiara Oliveri Bertola
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